Comparti TutelaContenziosiFiscale & Tributaria

Estratto di ruolo – irretroattività dell’art. 12, c. 4-bis, DPR 602/73 – seconda parte

Tale modificata norma (art. 4-bis cit.), si ritiene non abbia valenza retroattiva, ritenendosi, quindi, corretta le formulazioni già date da alcuni giudici del merito (Enna, Reggio Emilia e Cosenza), che così, infatti, si sono espressi: “deve ritenersi che la stessa abbia natura processuale, con conseguente applicazione della citata regola, “il principio processuale del tempus regit actum va correttamente inteso nel senso che gli atti perfezionatisi prima dell’entrata in vigore di una novella in materia processuale, ancorché applicabile al processo in corso, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite disposizioni di segno contrario, restino regolati, anche negli effetti, dalla norma sotto il cui imperio sono stati posti in essere. Ne consegue che, dovendosi, nel caso in esame, far riferimento alla disciplina processuale vigente al momento dell’introduzione della domanda, il ricorso avverso l’estratto di ruolo, sotto l’aspetto in esame, deve ritenersi ammissibile (cfr C.T.P. Cosenza, sent. n. 505/2022; Cass., sent. n. 2276/17).

Altre Commissioni Tributarie Provinciali (Siracusa, Catania e Latina), hanno, invece, ritenuto applicabile, con effetto retroattivo, la previsione di cui al comma 4 bis, dichiarando la “inammissibilità del ricorso introdotto in data antecedente il 21.12.2021, giustificandola per la sopravvenuta carenza di interesse ad agire, di cui all’art. 100 codice procedura civile”.

Tale decisione, però, desta ben più di una perplessità, ciò anche in quanto “la sopravvenuta carenza di interesse ad agire”, può tuttalpiù portare ad una “declaratoria di cessazione della materia del contendere”, giammai invece ad una “declaratoria di inammissibilità per fatti sopravvenuti all’iscrizione a ruolo del ricorso”.

La ritenuta efficacia retroattiva della norma in commento porta, senza alcun dubbio, alla “violazione del principio di tassatività delle cause di decadenza e di inammissibilità”, riconosciuto in tutte le diverse tipologie processuali, chiarendo, infatti, la giurisprudenza che: “la sanzione processuale della “inammissibilità” deve essere espressamente prevista dal legislatore e non può essere dedotta dall’interprete, ciò anche in quanto il principio di tassatività delle cause di decadenza e di inammissibilità è pacificamente riconosciuto come uno dei principi cardine del nostro ordinamento ed è comune a tutte le giurisdizioni (civile, penale, amministrativa, tributaria e contabile), per cui il mancato invio dell’invito a dedurre, non solo non determina ipotesi di improcedibilità dell’azione, ma non comporta nemmeno ipotesi di nullità, e/o di inammissibilità dell’azione medesima, vigendo nel nostro ordinamento il principio della tassatività, applicabile non solo in materia di nullità, ma anche in materia di inammissibilità, con la conseguenza che detta causa d’invalidità può essere ritenuta solo quando la espressa previsione o comunque la inequivoca formulazione della norma lo consentano (ex plurimis Cass. pen., sez. III, sent. n. 3152 del 10.10.2000; Corte dei Conti, sez. II, sent. n. 67 del 16.02.1998).

L’interpretazione sopradetta, si pone, altresì, in contrasto con l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, per cui, ove l’art. 4-bis cit., venga ritenuta applicabile retroattivamente, si giungerebbe alla inaccettabile conclusione di consentire al legislatore di alterare l’esito giudiziario di una controversia, violando i princìpi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, che così risultano lesi maggiormente, poi, in controversie in cui sono parti interessate le Pubbliche Amministrazioni, anche in quanto la modifica normativa operata non può qualificarsi come norma di interpretazione autentica.

Ha, nel contempo, precisato la S.C. che: “la mancata notifica della cartella di pagamento è funzionale alla eccezione di prescrizione, cioè pur sempre ad una questione inerente al merito della pretesa creditoria, per cui il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale, a causa dell’irregolarità della notifica, sia venuto a conoscenza solo attraverso il rilascio di un estratto di ruolo dato dal concessionario alla riscossione, senza dovere attendere la notifica di un atto successivo. A ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del D.lgs 546/92, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato e/o non correttamente notificato, unitamente all’atto successivo notificato, non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e, quindi, non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacchè l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compromesso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo , rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (ex plurimis Cass., sez. VI, ord. n. 5446 del 25.02.19; Cass., sent. n. 28583/18; Cass., sez. V, sent. n. 27799/18; Cass., sez. trib., sent. n. 1302 del 19.01.18; Cass., sez. V, sent. n. 1144/18; Cass., SS.UU., sent. n. 19704 del 02.10.15).

Il legislatore, quindi, in contrasto anche con l’insegnamento delle Sezioni Unite, con la modifica operata con l’art. 4-bis in commento, ha inteso stabilire rigide condizione per l’impugnabilità dell’atto conosciuto a seguito di richiesta dell’estratto ruolo, così esponendo il contribuente, per un lasso di tempo indefinito, ad una possibile azione esecutiva dell’amministrazione, violando in tal modo, però, i diritti costituzionalmente presidiati al contribuente, con la conseguenza, poi, di un incremento di ricorsi per i possibili danni derivanti da eventuali azioni esecutive, portate avanti sulla base di pretese illegittime, specie nell’ipotesi in cui il danno potrebbe divenire in certa misura non più reversibile se non in termini risarcitori.

Prevedere, quindi, che l’impugnazione di un atto, che il contribuente assume non notificato, possa avvenire sempre e soltanto unitamente all’impugnazione di un atto successivo notificato, potrebbe comportare, una abnorme ed ingiustificata disparità tra i soggetti del rapporto tributario, ciò in quanto la possibilità di accesso alla tutela giurisdizionale da parte del contribuente potrebbe essere rimessa alla determinazione dell’amministrazione circa i modi e i tempi della notifica dell’eventuale atto successivo.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico