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Attività di intermediazione, autori stranieri sul territorio italiano

L’articolo 106 par. 2 TFUE va interpretato nel senso che “è consentito il mantenimento di un monopolio di servizio pubblico solo laddove indispensabile, dovendosi altrimenti procedere alla liberalizzazione del mercato, accompagnata dalla predisposizione di un “servizio universale” da parte di uno degli operatori”.

Secondo la giurisprudenza comunitaria, le limitazioni alla circolazione dei servizi che rispondano a certe condizioni non sono in contrasto con il diritto dell’Unione ed in particolare, “una restrizione a libertà fondamentali garantite dal Trattato non può essere giustificata, a meno che essa risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento dello scopo medesimo”.

Per cui è pacifico che la tutela della proprietà intellettuale può costituire ragione imperativa di interesse generale e si giustifica la sussistenza e l’idoneità del monopolio quando si garantisce la tutela del diritto d’autore.

La Corte Europea, su una controversia relativa alla comunicazione di opere musicali al pubblico in un luogo determinato, nell’esaminare l’articolo 56 TFUE (in materia di circolazione dei servizi), ha ritenuto: “non dimostrata l’esistenza, nello stato attuale del diritto dell’Unione, di un metodo che consenta di raggiungere lo stesso livello di tutela dei diritti d’autore, diverso da quello fondato su una tutela e quindi anche su un controllo territorializzato di tali diritti, nell’ambito del quale si inscrive una normativa come quella oggetto del procedimento principale”, arrivando a concludere che: “non si può ritenere che una normativa come quella oggetto del procedimento principale, in quanto impedisce a un utilizzatore di opere protette, quale l’istituto termale di cui trattasi nel procedimento principale, di beneficiare dei servizi forniti da un ente di gestione stabilito in un altro Stato membro, vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela dei diritti d’autore”.  

Ritiene che la diffusione della musica realizzata da esercizi commerciali, collocati su un territorio nazionale, richiede alla collecting un’analitica conoscenza del mercato e una rete capillare di sorveglianza, per cui la vasta e affermata organizzazione territoriale di un monopolio nazionale rappresenta la soluzione che raggiunge il miglior livello di tutela per gli autori, nel mentre l’apertura a più operatori pone, invece, “allo stadio attuale del diritto dell’Unione”, problemi di controllo riguardanti l’utilizzo delle opere e il pagamento delle remunerazioni dovute, con susseguente minore tutela del diritto d’autore, per cui il monopolio si giustifica per la necessità di operare su un territorio determinato e vasto.

Diversa è invece la situazione che si verifica quando gli utilizzatori non siano esercizi commerciali situati sul territorio nazionale, ma piattaforme informatiche di diffusione della musica online, poiché, in tal caso, sorge l’esigenza di dotarsi di un’infrastruttura informatica in grado di tracciare e controllare l’utilizzazione delle opere su una rete “sovranazionale”, che prescinde totalmente dalla conoscenza di un mercato nazionale o da un’organizzazione capillare su un territorio, così che in questo caso il controllo, affidato esclusivamente ad un ente monopolistico su base territoriale, non offre maggiori garanzie di tutela degli autori rispetto ad un controllo realizzato da enti privati specializzati nella gestione on line.

Ne deriva che, limitatamente alla gestione on line del diritto d’autore, non si può più ritenere che la restrizione alla libertà di circolazione dei servizi, rappresentata dall’esistenza di un monopolio legale, sia indispensabile e non sproporzionata per il raggiungimento dell’interesse pubblico in questione. 

La liberalizzazione della gestione collettiva dei diritti d’autore, però, deve essere confrontata anche con altre disposizioni dei trattati, come quelle dell’articolo 3 par. 3 TUE e dell’articolo 167 TFUE; esse valorizzano la diversità e le eredità culturali degli Stati membri, tanto da arrivare ad affermare che “l’Unione tiene conto degli aspetti culturali nell’azione che svolge a norma di altre disposizioni dei trattati, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture”.

L’Unione, dunque, nel suo operato non può sacrificare l’identità e il pluralismo culturale dei suoi Stati membri, come ribadito dall’articolo 22 della Carta dei Diritti Fondamentali e, queste, sono previsioni esistenti anche nella nostra Costituzione (articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura”) nonché nella Convenzione Unesco per la promozione e protezione della diversità delle espressioni culturali, ratificata dall’Italia nel febbraio 2007.

L’azione dell’Unione e degli Stati deve, dunque, conformarsi a questi principi, i quali in questo modo contribuiscono a chiarire i confini del principio “liberistico e delle esigenze di servizio universale, nello specifico ambito della diffusione della cultura”.

Viene, in particolare, a manifestarsi la peculiarità di questo settore in cui i beni della vita tutelati non sono solo quelli relativi al funzionamento del mercato concorrenziale e dei consumatori, ma anche quelli relativi alla tutela di contraenti deboli e della diffusione delle diverse forme di cultura in maniera paritaria.

Il Tribunale di Milano ha affrontato il problema della legittimità dell’attività di intermediazione svolta a favore di autori stranieri sul territorio italiano, provvedendo a verificare se un’attività di questo genere fosse compatibile con la riserva a favore di SIAE, contenuta nell’articolo 180 L.D.A., nonché alla luce dell’articolo 185, della stessa legge sul diritto d’autore, preveggente che: “la legge sul diritto d’autore si applichi alle opere di autori italiani, ovunque pubblicate per la prima volta, e a quelle di autori stranieri, a condizione che siano domiciliati in Italia e che in Italia abbiano pubblicato per la prima volta la loro opera. Agli autori stranieri fuori da queste condizioni si applica altresì la legge quando lo stabiliscano convenzioni internazionali”, conformandosi alla Convenzione di Berna del 1886, in cui è stabilito che “gli autori godono…dei diritti che le rispettive leggi attualmente conferiscono o potranno successivamente conferire ai nazionali (art. 5 comma 1), escludendo che l’esercizio e il godimento di questi diritti possano essere sottoposti ad alcuna formalità (art. 5 comma 2), per cui neppure sarebbe possibile estendere agli autori stranieri la riserva a favore di SIAE anche per il fatto che l’articolo 180 cit. (Legge Diritto Autore) è disposizione a carattere eccezionale e ne rifiuta un’interpretazione estensiva, per cui gli autori stranieri non hanno un obbligo di rivolgersi a SIAE, così che l’intermediazione dei loro diritti può essere affidata anche ad enti stranieri privati; mentre per gli autori italiani vi è l’alternativa di gestire direttamente i propri diritti o diversamente sussiste l’obbligo di rivolgersi a SIAE.

Un’interpretazione dell’articolo 180 L.D.A. in linea con i principi comunitari consiste dunque nell’affermare che tanto l’autore straniero quanto quello italiano possono rivolgersi ad un ente insediato in un altro Stato membro per l’intermediazione delle proprie opere on line, fattispecie che si estende, naturalmente, agli enti indipendenti italiani, poiché, se così non fosse, non solo si avrebbe un’ingiustificata discriminazione a danno degli operatori italiani, ma residuerebbe una restrizione alla libertà di servizi nel mercato unico, dato che l’operatore italiano, libero di svolgere la sua attività all’estero, non potrebbe portare i suoi servizi in Italia.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico