Guida sotto effetto droghe: presupposto violativo
Va ricordato che la norma punisce chi guida sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti e non chi viene trovato positivo agli esami.
Ha infatti precisato la Corte Costituzionale (sentenza n. 277 del 27 luglio 2004): “… la norma non vieta di guidare dopo avere usato stupefacenti, ma assoggetta a sanzione penale la condotta di chi si metta alla guida in uno stato di alterazione indotto dall’uso di sostanze stupefacenti…, per cui, si è, dunque, in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza di due elementi:
- obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione) e per il quale possono valere indici sintomatici;
- consistente nell’accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti.
Pertanto, solo l’esame sul sangue potrebbe consentire di accertare se il conducente sia sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti, unitamente, però, ad una visita medica che accerti lo stato di alterazione psicofisica.
La giurisprudenza ha, infatti, più volte rappresentato che: “non è consentito desumere la sussistenza del reato di guida in stato alterazione psicofisica, dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, sulla base dei soli dati sintomatici. Per l’accertamento del reato occorrono la presenza di un adeguato esame chimico su campioni liquidi biologici (con esito positivo), nonché l’esecuzione di una visita medica che certifichi uno stato di alterazione psicofisica – riconducibile all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Ne deriva che, ove non venisse adeguatamente certificato lo stato di alterazione psicofisica indotta dalle sostanze stupefacenti, la fattispecie in considerazione non sarebbe integrata dalla presenza del mero esame ematico, poiché una diversa soluzione interpretativa finirebbe per punire anche chi non versa sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
A supporto di quanto sopra concorre la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Pesaro (sentenza del 16 dicembre 2014), così significando: “tale elemento non è sufficiente a dimostrare la sussistenza del reato in contestazione atteso che costituisce dato di comune esperienza e maturato da questo giudice in processi analoghi, che l’accertamento della positività a sostanze stupefacenti nelle urine e nel sangue non è da solo sufficiente a dimostrare l ‘attualità dell’assunzione idonea ad integrare il reato in contestazione, soprattutto quando, come nel caso di specie, in assenza di un esame del sangue non è stata determinata neppure la percentuale della sostanza stupefacente individuata nel campione di urina”.
Inoltre, il Giudice, di cui sopra, ha valutato l’ulteriore elemento necessario per la configurazione della fattispecie contestata, rilevando che, nel verbale di accertamento, i verbalizzanti non hanno dato atto della presenza di alcun altro sintomo tipico della recente assunzione di sostanze stupefacenti (ad esempio, stato confusionale, dilatazione delle pupille, difficoltà nella deambulazione o nell’eloquio).
Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico