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Contrassegno SIAE – Giudice competente

Ai sensi dell’articolo 181-bis della Legge 633/1941, la SIAE (Società italiana Autori ed Editori), appone un contrassegno su ogni confezione contenente programmi per elaboratore o multimediali, nonché su qualsiasi supporto che comprenda voci, suoni o immagini in movimento, al fine di garantire il solo rispetto dei diritti relativi alle opere d’ingegno, dunque, per tutelare l’originalità dell’opera.

Gli Stati membri hanno l’obbligo di informare preventivamente la Commissione Europea dell’adozione di regole e specificazioni tecniche o altri requisiti del prodotto, giusta Direttiva 98/34/Ce, di cui alla interpretazione degli artt. 3,23 e 27.

Il bollino rientra propriamente nell’ambito di quelle che la Direttiva definisce “specificazioni tecniche”, ovvero misure nazionali necessariamente riferite al prodotto o al suo imballaggio o che definiscono una delle caratteristiche fisiologiche di un manufatto, in quanto, tale contrassegno riguarda la marcatura e l’etichettatura, pertanto, “dal momento che l’osservanza di detta specificazione è obbligatoria, secondo diritto, per la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, la precisazione in parola costituisce una “regola tecnica” ai sensi dell’articolo 1, punto 11, primo comma, della Direttiva in questione”.

L’apposizione del contrassegno, avente la funzione di informare il consumatore sull’originalità e la legalità dell’opera, viene effettuata sul supporto che contiene il prodotto stesso.

Considerando la caratteristica immaterialità dell’opera d’ingegno, il supporto ne forma la materializzazione, dunque, l’etichetta apposta sul prodotto si trasforma in una specificazione tecnica che, a sua volta, diventa regola a mezzo di una norma che ne istituzionalizza il processo di originalità.

Con la pronuncia causa C-20/05 del 2007, la Corte di giustizia ha chiarito che: “l’obbligo di apporre il contrassegno Siae sui supporti contenenti programmi multimediali o per elaboratore costituisce una regola tecnica, secondo quanto disposto dalla Direttiva comunitaria 189/1983, regola che, qualora non notificata alla Commissione, risulta inopponibile al privato”.

La Cassazione a sezioni unite ha sancito la natura tributaria del contrassegno, stabilendo i seguenti principi:

  • il collegamento della prestazione imposta alla spesa pubblica è costituito, da un lato dalla legittima utilizzazione e vendita delle opere d’ingegno, dall’altro dalla necessità di controllare la regolare commercializzazione delle stesse opere;
  • coloro che intendono commercializzare un supporto relativo alle opere dell’ingegno, devono richiedere il rilascio del contrassegno pagandone il relativo costo, senza avere alcuna possibilità di scelta in ordine alla prestazione;
  • la funzione del contrassegno Siae è quello di autenticazione del prodotto al fine della sua commercializzazione, in modo da garantire il consumatore, attraverso uno strumento di immediata verificabilità, che il bene acquistato è legittimo e non un “prodotto pirata”;
  • il costo è a carico del richiedente al di fuori di uno schema sinallagmatico e assume i connotati di una “imposta di scopo”, destinata a finanziare la spesa per l’esercizio della specifica attività di controllo affidata alla Siae;
  • sussistono, pertanto, le condizioni per attribuire al contrassegno natura tributaria,
  • resta in ogni caso irrilevante il “nomen iuris attribuito dal legislatore alla prestazione patrimoniale imposta”;
  • da ciò deriva, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 2 del D.lgs 546/92, l’attribuzione delle controversie relative alla giurisdizione delle Commissioni tributarie alla quale appartengono tutte le cause relative ai tributi di ogni genere e specie, comunque denominati.

Quanto sopra è, comunque, in conformità con la previsione dell’articolo 1, comma 2, della Legge 2/2008, che detta disposizioni concernenti la SIAE. 

Il senso della “clausola di salvaguardia” delle “competenze degli organi della giurisdizione tributaria” non può essere ridotto all’ambito delle controversie che oppongono la società, come ogni altro contribuente, all’Amministrazione fiscale, ma deve essere inteso come espressione della volontà del legislatore di non derogare alla giurisdizione tributaria quando mancano i presupposti.

 

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico