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Cartella di pagamento – Contributi INPS – INAIL

Nel vecchio sistema, una volta accertata l’esistenza di un credito contributivo non versato, l’INPS (e/o l’INAIL) aveva la facoltà (non l’obbligo) di invocare il pagamento mediante avviso bonario al debitore, concedendo un termine di 30 gg. per l’adempimento spontaneo della obbligazione.

A tale fase, nel caso di mancato pagamento spontaneo del debito, seguiva la iscrizione a ruolo del credito previdenziale, quindi la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione, per l’avvio della esecuzione esattoriale.

Con l’entrata in vigore dell’art. 30 del D.L. 78/2010, convertito nella L. 122/2010, è stata soppressa la fase della iscrizione a ruolo del credito contributivo, e la consegna del ruolo all’agente della riscossione, cui competeva la notifica della cartella di pagamento, ed è stato introdotto per la solo INPS, l’avviso di addebito, contenente la intimazione al debitore di adempiere al pagamento, con l’avvertimento che in difetto l’agente di riscossione procederà ad espropriazione forzata, secondo i poteri e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

L’avviso di addebito deve contenere, a pena di nullità: “il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del credito, la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale e sanzioni, l’agente della riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell’anagrafe tributaria alla data di formazione dell’avviso”.

L’avviso, per i crediti accertati dagli uffici, dovrà altresì contenere: “l’intimazione ad adempiere lo obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati, nonché l’indicazione che, in mancanza del pagamento, l’agente della riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad esecuzione forzata”.

L’avviso deve essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal responsabile dell’ufficio che ha emesso l’atto.

L’avviso di addebito, completo di tutti gli elementi di cui al comma 2, relativo alle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, il cui pagamento alle scadenze mensili, e/o periodiche sia stato omesso in tutto o in parte, è consegnato all’agente della riscossione che provvederà al recupero nei termini fissati al comma 12, contestualmente alla notifica dell’avviso stesso al contribuente.

L’avviso di addebito è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata all’indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e INPS, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale; la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

L’avviso di cui ai commi 2 e 3 viene consegnato, in deroga alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, agli agenti della riscossione con le modalità stabilite dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

In ogni caso, come precisato dall’INPS nella circolare n. 168/2010, l’avviso di addebito continua a essere preceduto dall’emissione del cosiddetto “avviso bonario”, che, in caso di omissione contributiva, consente al debitore la verifica delle somme dovute e il loro pagamento nei 30 gg. successivi.

Viceversa, nell’ipotesi di formazione degli avvisi di addebito derivanti da accertamento, gli stessi sono emessi in seguito al mancato pagamento della contribuzione dovuta nel termine di 90 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento, e/o della lettera di diffida (ovvero decorsi 10 giorni dalla reiezione dell’eventuale ricorso).

La comunicazione di accoglimento parziale del ricorso, che comporta la rideterminazione degli importi addebitati con il titolo di cui al comma 1, contiene l’indicazione delle somme dovute e la intimazione al pagamento entro 5 giorni dalla notifica.

In caso di mancata dimostrazione dell’avvenuto pagamento nel termine assegnato, il titolo sarà consegnato all’agente della riscossione nei termini fissati al comma 5; in ogni caso il titolo dovrà essere consegnato all’agente non oltre i termini previsti per l’avvio della procedura di espropriazione forzata.

In caso di revisione in autotutela dell’atto di accertamento, l’avviso di addebito cessa di avere validità e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale provvederà a notificare al debitore un nuovo avviso di addebito per l’eventuale somma ancora dovuta.

Decorso il termine di 90 giorni senza che sia stato proposto ricorso, in assenza di pagamento, l’agente della riscossione nei successivi trenta giorni e, sulla base del titolo esecutivo di cui al comma 1 e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede ad espropriazione forzata ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Decorso un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento, l’espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell’avviso di cui all’articolo 50, comma 2, D.P.R. 602/73.

L’espropriazione forzata, in ogni caso, è avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo e, in caso di riscossione frazionata, anche in pendenza di giudizio, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello entro il quale deve essere effettuato il pagamento.

La circostanza che “nell’avviso di addebito difetti la indicazione dell’ente creditore (a differenza della cartella di pagamento) è da imputarsi al fatto che l’avviso non può che provenire dall’INPS”, cui solo è consentita tale modalità di recupero coattivo del credito, cui va ad aggiungersi “la mancata indicazione del ruolo e della data di esecutività dello stesso, essendo venuta meno la emissione del ruolo”, per cui, dette circostanze, “non sono da ritenersi come difetti di indicazione e, quindi, come vizi dell’avviso”.

La novità legislativa, sopracitata, si interseca con la recente disciplina legislativa, contenuta nella L. n. 183/2010 (collegato lavoro), la quale (sostituendo l’art. 13 D.lgs n. 124/2004) ha disposto che “a conclusione del procedimento ispettivo debba essere notificato un unico verbale di accertamento, contenente “gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova e degli illeciti rilevati”, affinchè il debitore sia messo da subito a conoscenza dell’importo dovuto a titolo di sanzioni amministrative, contributi e premi non pagati, con le relative sanzioni civili”.

E’ da significare in materia di riscossione dei crediti contributivi, stante la L. 228/2012 (legge di stabilità 2013), la possibilità, a partire dal 1° gennaio 2013, di chiedere e ottenere, laddove di legge previsto, la sospensione della riscossione (con richiesta fatta all’Agente della riscossione).

Attualmente, quindi, il contribuente-debitore, raggiunto dal primo atto della riscossione (notifica della vecchia cartella di pagamento e/o dell’avviso di addebito), può, in alternativa, presentare direttamente all’Agente della riscossione una dichiarazione (su apposito modello), corredato da tutta la documentazione necessaria, che attesti la sussistenza di una causa idonea a rendere il credito stesso non esigibile, quale:

-prescrizione e/o decadenza del credito prima della formazione del ruolo;

-provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; 

-sospensione amministrativa e/o giudiziale;

-sentenza che abbia annullato in tutto e/o in parte il debito emessa in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;

-pagamento effettuato prima della formazione del ruolo;

-qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito.

A seguito della presentazione di una tale dichiarazione (da effettuarsi nel termine perentorio di 90 giorni dalla ricevuta notifica, a pena di decadenza), l’Agente della riscossione deve sospendere immediatamente ogni attività finalizzata alla riscossione, una volta verificata la completezza della documentazione a corredo.

Entro i successivi 10 giorni, l’Agente della riscossione trasmette il tutto all’ente creditore, al fine di avere conferma dell’effettiva sussistenza delle circostanze rappresentate con la dichiarazione dal debitore.
Trascorsi infine 220 giorni, dalla data di presentazione della dichiarazione per la sospensione delle procedure di riscossione, senza nessuna risposta al contribuente da parte dell’ente creditore, le somme richieste vengono annullate, ed automaticamente poste in discarico dai relativi ruoli per cui i relativi importi sono eliminati anche dalle scritture contabili dell’ente creditore.

L’omesso versamento, poi, di ritenute previdenziali per importi inferiori a € 10.000,00, per ciascun periodo di imposta, non è più previsto dalla legge come reato.

Non è, altresì, punibile, per omissione contributiva, il datore di lavoro al quale “non sia stato notificato l’accertamento INPS ma solo il decreto penale di condanna”, poiché, detto atto, non contiene tutte le comunicazioni che l’Istituto dovrebbe fare all’imprenditore relativamente, cioè: “ai periodi evasi – agli importi delle somme relative – al termine di tre mesi concesso per eseguire il pagamento e usufruire della causa di non punibilità prevista dalla legge”.

La presenza di un vizio formale, e/o il mancato rispetto del termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo del debito, non pregiudicano la possibilità per l’INPS di recuperare i contributi non pagati dall’impresa.

Non risponde, poi, di omissione contributiva l’imprenditore che ha concordato la rateizzazione del debito con l’Agente della riscossione, ancor prima dell’accertamento da parte dell’INPS, in quanto detta accettazione, se seguita dal pagamento della prima rata, comporta la definitiva sostituzione dell’obbligazione assunta dal contribuente all’obbligazione tributaria originale. 

Resta inteso che i crediti contributivi si prescrivono in 5 anni, come da giurisprudenza consolidata.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico