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Dichiarazioni di terzi – validità mezzo di prova

Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dall’art. 7, del decreto legislativo n. 546/1992, si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento, che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice.

Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale si riferisce alla prova da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica l’impossibilità di utilizzare le dichiarazioni di terzi, che rilevano quali

elementi indiziari che possono concorrere a formare il convincimento del giudice.

Dal divieto di ammissione della prova testimoniale non discende la inammissibilità della prova per presunzioni, non applicabile nel contenzioso tributario.

Anche il contribuente può introdurre nel giudizio innanzi alle Commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale per far valere le proprie ragioni, e tali dichiarazioni devono assurgere a rango di indizi, che necessitano di essere valutati congiuntamente ad altri elementi.

Dal divieto di ammissione della prova testimoniale non discende la inammissibilità della prova per presunzioni, ai sensi dell’art. 2729, comma secondo, c.c., secondo il quale “le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova testimoniale – poiché questa norma, attesa la natura della materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario”.

Ed infatti, al pari dell’Amministrazione finanziaria, anche il contribuente può introdurre nel giudizio innanzi alle Commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale per far valere le proprie ragioni, e tali dichiarazioni devono assurgere a rango di indizi, che necessitano di essere valutati congiuntamente ad altri elementi, sebbene non siano assunte e/o verbalizzate in contraddittorio da nessuna norma richiesta. 

L’attribuzione di valenza indiziaria delle dichiarazioni dei terzi, anche in favore del contribuente, non contrasta, d’altro canto, con l’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, n. 848, atteso che la Corte Europea dei diritti dell’uomo, a tal proposito, ha chiarito che “l’assenza di pubblica udienza o il divieto di prova testimoniale nel processo tributario sono compatibili con il principio del giusto processo solo se da siffatti divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale del ricorrente sul piano probatorio non altrimenti rimediabile”.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico

Avv. Paola Michelini Consigliere Nazionale Dipartimento Giuridico