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Fermo tecnico del veicolo: prova il danno

La Corte di Cassazione, nel tempo, così si era espressa per quanto alla liquidazione del danno da fermo tecnico (causa sinistro stradale):

“[…] è possibile la liquidazione equitativa del danno da fermo tecnico del veicolo a seguito di sinistro stradale anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso a cui esso era destinato. L’autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore” (Cass. 04/10/2013, n. 22687).

Sovvertendo quanto precedentemente statuito la Cassazione Civile, sez. III, con la sentenza  n. 20620 del 14/10/2015, ha fornito una diversa interpretazione, rilevando che la prospettabilità di un danno da fermo tecnico in re ipsa ha tradizionalmente trovato fondamento nell’osservazione che il danneggiato, in conseguenza del fatto illecito del terzo, fosse stato privato del veicolo per un certo tempo e che per ciò solo egli avrebbe subito un triplice ordine di danni, quali:

a ) il pagamento della tassa di circolazione anche durante il periodo della sosta forzata;

b) il pagamento del premio assicurativo nello stesso periodo;

c) il deprezzamento del mezzo.

Al riguardo la Corte significa che “la tassa di circolazione, a seguito delle modifiche legislative, è stata trasformata in tassa sulla proprietà, sicchè la debenza del tributo prescinde dalla circolazione del veicolo e che è erronea, poi, l’affermazione secondo cui la sosta forzosa del veicolo comporta necessariamente un danno, pari al premio assicurativo ‘inutilmente pagato”.

La decisione in commento respinge, quindi, la tesi della sussistenza in re ipsa del danno da fermo tecnico argomentando che “nel nostro ordinamento non esistono danni in rebus ipsis, e nessun risarcimento è mai esigibile se dalla lesione del diritto e dell’interesse non sia derivato un concreto pregiudizio “.

Ma, si ritiene di dissentire da una tale affermazione in quanto, nel caso di danni da incidente stradale, “il pregiudizio” deve essere riconosciuto, non già per il solo fatto dei danni riportati al  veicolo nell’incidente, ma in forza della dimostrazione che, per effetto proprio di tali danni, il titolare sia stato privato della disponibilità del mezzo per un certo tempo, necessario per le riparazioni.

Ugualmente non condivisibile, proprio per la forzata impossibilità dell’uso del veicolo (per cui non vi è una volontà del titolare del veicolo in proposito), il mancato riconoscimento dei costi per la copertura assicurativa.

L’alloggiamento del veicolo incidentato presso l’officina, infatti, non può ricondursi ad una velleità del proprietario bensì al fatto di chi, provocandone il danneggiamento, ne ha impedito la circolazione, pregiudicando la realizzazione del fine precipuo sotteso al pagamento del premio.

Del resto, neppure pare percorribile l’ipotesi teorizzata di sospensione della garanzia assicurativa durante il tempo occorrente per le riparazioni, in quanto la facoltà di sospensione della garanzia, infatti, è normalmente accordata per periodi non frazionabili e ben più estesi dei pochi giorni occorrenti per riparare un veicolo mediamente incidentato.

Del resto, al sinistrato la nuova e diversa pronuncia della Cassazione (n. 20620 del 14.10.2015) impone comportamenti a ben vedere inconciliabili.

infatti:

  • gli si domanda di sopportare i costi della garanzia assicurativa, affinché questa lo tenga indenne anche dai danni eventualmente provocati dal mezzo durante la sosta forzosa;
  • gli si chiede di sospendere l’efficacia della copertura per il medesimo tempo, sul rilievo che l’esborso per la r.c.a., relativamente ai giorni in cui il veicolo è indisponibile, costituisca un aggravamento del danno da rimuovere con ricorso all’ordinaria diligenza.

Quanto al deprezzamento del veicolo, la decisione assume che “il pregiudizio non è collegato necessariamente alla riparazione, potendo questa comportarne un incremento di valore!”, per cui al riguardo si ritiene non commentare atteso che “mai un mezzo incidentato riparato incrementa il suo valore di vendita, essendo vero l’esatto opposto”.

A cura Associazione Italiana Cultura Giuridica