Maxi sanzione per omesso versamento contributivo– illegittimità
La Corte Costituzionale, ha stabilito la incostituzionalità (in quanto sproporzionata e irragionevole), della previsione ex art. 36-bis, comma 7, lettera a), D.L. 223/2006, nella parte in cui ha previsto, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, una sanzione civile, connessa all’omesso versamento dei contributi e premi, riferita a ciascun lavoratore, non inferiore ad € 3.000,00, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata”, per ciascun lavoratore, in quanto la norma censurata introdurrebbe una sanzione sproporzionata, eccessiva, irragionevole e ingiustamente vessato- ria nei confronti del datore di lavoro.
Infatti, il legislatore del 2006, per rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria del lavoro non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ha modificato la disciplina previ- gente, introducendo, per le sanzioni civili, di cui all’art. 116, comma 8, della legge n. 388 del 2000, una soglia minima di € 3.000 per ogni lavoratore, nell’ipotesi in cui la loro quantificazione risulti inferiore.
Successivamente, la L. n. 183/2010 ha nuovamente modificato la misura delle sanzioni civili applicabili in caso di impiego di tali lavoratori e ha eliminato il tetto minimo di € 3.000, prevedendo unicamente un aumento del 50 per cento delle sanzioni determinate sulla scorta del criterio stabilito dall’art. 116, comma 8, della legge n. 388 del 2000.
In sostanza, le sanzioni civili sono oggi calcolate nella misura del 30% in ragione d’anno della contribuzione evasa, fino ad un massimo del 60% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge, come previsto dall’art. 116, comma 8, lettera b), della legge n. 388 del 2010, e l’importo così determinato è maggiorato del 50%.
Ora, l’importo minimo della sanzione civile, introdotto dall’art. 36-bis, comma 7, lettera a), del D.L. n. 223/2006, prescindendo dalla durata effettiva del rapporto di lavoro, è ancorato unicamente al numero di lavoratori “in nero”.
In tal modo, la sanzione può risultare del tutto sproporzionata rispetto alla gravità dell’inadempimento del datore di lavoro e incoerente con la sua natura, di sanzione civile e non amministrativa, finalizzata a risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all’ente assicuratore.
In altri termini, “poiché le sanzioni civili connesse all’omesso versamento di contributi e premi hanno una funzione essenzialmente risarcitoria, essendo volte a quantificare, in via preventiva e forfettaria, il danno subito dall’ente previdenziale, la previsione di una soglia minima disancorata dalla durata della prestazione lavorativa accertata, dalla quale dipende l’entità dell’inadempimento contributivo e del relativo danno, è arbitraria e irragionevole”.
Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico