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Mezzi di prova: poteri istruttori Giudice Tributario

In tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del D.lgs.  546/1992 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 c.p.c..

Tale attività processuale, però, in coerenza con l’art. 61 D.Lgs 546/1992, va esercitata, nel giudizio di primo grado, entro il termine previsto dall’art. 32, comma primo, D.Lgs 546/92, cioè fino a 20 (venti) giorni liberi prima dell’udienza.

Detto termine, pur in assenza di espressa previsione legislativa, deve ritenersi di natura perentoria e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie (diritto di difesa e principio del contraddittorio).

Ne consegue che viene inibito, al giudice d’appello, di potere fondare la sua decisione sul documento tardivamente prodotto, in quanto la sanatoria, a seguito di acquiescenza, viene consentita solo con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all’osservanza dei termini perentori, giusto il dettato di cui all’art. 153 c.p.c..

Ha precisato la S.C., che: “in tema di contenzioso tributario, il giudice tributario non è obbligato ad esercitare “ex officio” i poteri istruttori di cui all’art. 7 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, salvo che non sussista il presupposto dell’impossibilità di acquisire la prova altrimenti, come nel caso in cui una delle parti non possa conseguire documenti in possesso”.

Ed infatti, l’art. 7, D.lgs. 546/1992, attribuisce al giudice tributario il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova.

Tale potere, però, non deve essere volto al fine di sopperire alle carenze istruttorie delle parti (in tal modo sovvertendo i rispettivi oneri probatori), così finalizzandosi soltanto in “funzione integrativa degli elementi di giudizio”, il cui esercizio, da parte del giudice, è, quindi, consentito ove sussista una “situazione obiettiva di incertezza”, nonché laddove la parte non possa provvedere, per essere i documenti nella disponibilità della controparte o di terzi.

Ne sussegue che, il potere di acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, deve essere coerente con il principio di terzietà (come sancito dall’articolo 111 della Costituzione), così che al giudice non è consentito di sopperire alle carenze istruttorie delle parti sovvertendo i rispettivi oneri probatori, attribuendogli, pertanto, solo il potere istruttorio in funzione integrativa e non integralmente sostitutiva, degli elementi di giudizio.

Ne deriva così che, un tale potere: 

  1. non è arbitrario ma discrezionale e l’esercizio, così come il mancato esercizio, deve essere adeguatamente motivato;
  2. può essere esercitato ove sussista “un’obiettiva situazione di incertezza”, al fine di integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti;
  3. può essere esercitato ove la prova risulti ostacolata, stante che i documenti risultano in possesso dell’altra parte o di terzi;
  4. non può essere esercitato nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia;
  5. non può essere esercitato laddove la parte, su cui ricade l’onere della prova, abbia la possibilità di integrare la prova già fornita.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico