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Intimazione pagamento

L’intimazione ad adempiere, di cui all’art. 50 del D.P.R.  602/73, si riferisce alla fase prodromica all’esecuzione e tende a rendere edotto il contribuente, in caso di persistente mancato pagamento, dell’attivazione a suo danno delle più opportune azioni cautelari ed esecutive a tutela della pretesa erariale.

Pertanto, indipendentemente dal nomen juris e pur non essendo ricompreso nell’elenco tassativo di cui all’art. 19 del D.lgs. 546/92, l’intimazione di pagamento è da considerarsi atto impugnabile, in quanto l’elencazione tassativa contenuta nella suddetta norma non esclude la facoltà del contribuente di impugnare anche atti diversi da quelli ricompresi in detto elenco, ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria, come ripetutamente ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità.

Tale atto, incidendo, poi, in modo diretto e immediato sui diritti patrimoniali del contribuente, rientra nell’ambito di applicazione dello Statuto del contribuente (L. 212/00) e non può, quindi, sottrarsi alle correlative regole concernenti la “chiarezza e la motivazione degli atti”, ex artt. 7 e 17 L. 212/00, nonché ex art. 3 L. 241/90.

Dette richiamate norme rappresentano un corollario imprescindibile del diritto di difesa del contribuente, costituzionalmente tutelato nell’articolo 24 della Carta Costituzionale.

Infatti, l’obbligo di “motivazione dell’atto impositivo” persegue il fine di porre il contribuente in condizione di “conoscere la pretesa impositiva”, in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur, per cui, detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.

Per questi motivi l’intimazione di pagamento, laddove notificata al contribuente senza l’allegazione dell’atto prodromico richiamato (es. cartella di pagamento), specie laddove il contribuente provveda a contestare di avere ricevuto atti a questo prodromico, deve ritenersi “carente in punto di motivazione”, con una evidente compressione del diritto di difesa del contribuente, il quale si confronta con un “atto asettico”, privo dei riferimenti minimi necessari per difendersi, laddove vi sia l’assenza e/o la non corretta precisazione delle ragioni e delle origini della pretesa di pagamento, avanzata.

E’, infatti, consolidato il “principio generale dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi”, sancito dall’art. 3 della L.  241/90, applicabile anche agli atti emanati dall’agente della riscossione, giusto al riguardo la previsione di cui all’art. 17 L. 212/00, in quanto “una diversa interpretazione si porrebbe in insanabile contrasto con l’art. 24 della Costituzione”, come opportunamente ha chiarito la Corte di Cassazione.

Ne deriva che, laddove l’Agente della riscossione  si sia limitato ad indicare, in tali atti, il numero identificativo della cartella di pagamento e la presunta data di notifica della stessa, senza nessuna allegazione della cartella di pagamento, il Giudice, laddove adito, potrà dichiarare la nullità dell’intimazione, ex art. 7 L. 212/00, ed ex art. 3 L. 241/90, in quanto  “non è sufficiente che il documento richiamato sia conoscibile dal contribuente, ma è necessario che gli atti a cui si rinvia “siano allegati o comunicati al contribuente”.

Né può essere disatteso che, “nell’assenza e/o nel difetto  motivazionale della richiesta di pagamento”, e nella mancata allegazione dell’atto prodromico, stante il termine di 5 giorni dalla sua notificazione per eseguire il pagamento come richiesto (in assenza del quale l’Agente della riscossione può procedere ad azioni esecutive successive), e nell’impossibilità, altresì, di ricevere, entro un tale termine di 5 giorni, copia dell’atto prodromico, si consuma, in tutta evidenza, un palese arbitrio nei riguardi del contribuente, per cui, a parere di chi scrive, potrebbero esservi problemi di costituzionale della norma, non essendo dovutamente garantito il principio della giusta difesa e, quindi,, del giusto processo.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico