Mancato uso cinture e/o casco
Allorquando siano accertate la pericolosità e l’imprudenza della condotta del danneggiato, la colpa di questo concorre, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., con quella presunta del conducente, in quanto la presunzione di colpa del conducente del veicolo, giusto il dettato dell’art. 2054, comma 1,c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito fondato sul rapporto di causalità tra evento dannoso e condotta umana.
Ne sovviene che “l’omesso uso delle cinture di sicurezza (e/o del casco protettivo), può costituire comportamento colposo del danneggiato, causalmente rilevante per il verificarsi del pregiudizio, come ha opportunamente precisato la giurisprudenza.
Ed infatti, la giurisprudenza richiede, ai fini della diminuzione del risarcimento, l’allegazione e la dimostrazione che il corretto uso dei sistemi di ritenzione avrebbe ridotto (o eventualmente eliso) il danno.
Il mancato utilizzo delle cinture (e/o del casco protettivo) e l’incidenza eziologica, che tale omissione possa avere determinato sull’evento dannoso, sono elementi suscettibili di essere appurati mediante consulenza tecnica disposta dal giudice.
La prova del mancato impiego delle cinture di sicurezza (e/o del casco protettivo),resta a carico di chi ne eccepisca la rilevanza, con la conseguenza che l’insufficienza della prova offerta impone di non ritenere operante il concorso della parte lesa alla causazione dell’evento.
L’art. 1227, comma 1, c.c., nello stabilire che il risarcimento non è dovuto per i danni causati dal comportamento colposo del danneggiato, prescrive al giudice di indagare d’ufficio sull’eventuale concorso di colpa del danneggiato e sulla sua incidenza in ordine alla genesi del danno, con la puntualizzazione secondo cui occorre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile, sul piano causale, la colpa concorrente del danneggiato.
Non si ravvisa, poi, un’ipotesi di concorso colposo del passeggero – danneggiato, nella sua mera accettazione del trasporto sul veicolo con alla guida un conducente in evidente stato di ebbrezza.
Sotto il profilo penale, risponde del delitto di lesioni colpose da sinistro stradale, ai danni del passeggero, il conducente che non faccia indossare le cinture di sicurezza (e/o il casco protettivo), perché l’obbligo di verificarne l’uso rende l’evento non riconducibile a colpa esclusiva della persona offesa.
Ne deriva che, chi rende possibile la circolazione del veicolo, con a bordo il trasportato, ha l’obbligo di effettuare la circolazione in sicurezza e nel rispetto delle norme che la regolano, anche dove gli obblighi imposti dalla legge siano rivolti personalmente verso i soggetti trasportati, trattandosi di violazione dei doveri di diligenza e prudenza (ex art. 1176 c.c.).
Può , quindi, ritenersi configurato il concorso di colpa di un trasportato per la morte di altro trasportato (in età neonatale), non posizionato nell’apposito seggiolino e trattenuto dalle cinture di sicurezza.
Il principio di cui all’art. 1227 c.c. (riferibile anche alla materia del danno extracontrattuale, per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c.) della riduzione proporzionale del danno in ragione dell’entità percentuale dell’efficienza causale del soggetto danneggiato, si applica non solo nei confronti del danneggiato (che reclama il risarcimento del pregiudizio direttamente patito e al cui verificarsi ha contribuito la sua condotta), ma anche nei confronti dei congiunti che, in relazione agli effetti riflessi che l’evento di danno subìto proietta su di essi, agiscono per ottenere il risarcimento dei danni subiti iure proprio.
Del tutto opportuno precisare che, del fatto illecito del minore, sono tenuti a rispondere i genitori, ex art. 2048 c.c..
A cura Associazione Italiana Cultura Giuridica