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Cessazione della materia del contendere, Spese di lite

Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite (ex artt.165, 166 c.p.c.) che potrebbero aver interesse alla prosecuzione, ex art 306, comma 1, c.p.c.

Nel processo tributario, come nel processo civile, la pronuncia di cessazione della materia del contendere può essere adottata anche d’ufficio dal Giudice, senza che sia necessario un espresso accordo delle parti, atteso che, indipendentemente dalle conclusioni da queste ultime formulate, spetta al Giudice valutare l’effettivo venir meno dell’interesse delle stesse ad una decisione sul merito della vertenza.

La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso, ovvero, che in mancanza di tale accordo, l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere da una sola parte” sia “valutata dal Giudice, il quale, qualora ritenga che tale fatto abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato, e quindi il difetto di interesse ad agire, lo dichiara, regolando le spese giudiziali alla luce del sostanziale riconoscimento di una soccombenza; qualora, invece, ritenga che il fatto in questione abbia determinato il riconoscimento dell’inesistenza del diritto azionato, pronuncia sul merito dell’azione, dichiarandone l’infondatezza, e statuisce sulle spese secondo le regole generali.

Il Giudice del merito deve dichiarare, anche d’ufficio, la cessazione della materia del contendere, una volta venuto a conoscenza di fatti obiettivi posteriori alla domanda giudiziale, riconosciuti e non contestati dalle parti, dai quali deriva l’eliminazione del contrasto tra le stesse, ed il conseguente venir meno della necessità della pronuncia giudiziale.

La declaratoria di cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale per la liquidazione delle relative spese di lite non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni oggetto della controversia, né possono precluderne la riproposizione in diverso giudizio.

L’ordinanza con cui il Giudice di merito dichiari estinto il processo per rinuncia agli atti del giudizio e disponga la compensazione delle spese di lite anziché la mera liquidazione delle medesime, non limitandosi a prendere atto della rinuncia e dell’accettazione ma risolvendo la controversia sull’esistenza stessa dei presupposti dell’estinzione, ha valore di sentenza, impugnabile con i mezzi ordinari, poiché trattasi di provvedimento assunto nel contrasto delle parti, il quale fuoriesce dal paradigma di cui all’art. 306 c.p.c., che presuppone la concorde accettazione della rinuncia.

L’ordinanza con la quale il Giudice di merito dichiari estinto il processo per rinuncia agli atti del giudizio, previa esclusione della necessità di un’accettazione delle altre parti, per insussistenza di un loro interesse alla prosecuzione della causa, ha contenuto decisorio quanto alla sussistenza dei presupposti per l’estinzione; ne consegue che essa è impugnabile con l’appello, anche quando l’impugnazione investa soltanto le statuizioni sulle spese, mentre sfugge allo speciale regime di non impugnabilità previsto dall’art. 306, quarto comma, c.p.c. per le ordinanze che si limitano a dichiarare l’estinzione del processo in assenza di contestazioni.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico