Verifica preliminare del ricorso tributario, art. 27 D.Lgs 546/92, Parte I°
Recita l’art. 27, comma 1, del D.lgs 546/92: “Il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preliminarmente il ricorso e ne dichiara l’inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta”.
L’esame preliminare del Presidente di sezione, di natura giurisdizionale, è espressamente dovuto in quanto finalizzato ad esigenze di economia processuale, assumendo la funzione di “filtro”, destinato, pertanto, “a consentire l’eliminazione dei ricorsi manifestamente inammissibili” in una fase processuale antecedente, rispetto alla vera trattazione della controversia da parte del Collegio e solo laddove questa fase ha esito positivo si conclude con la fissazione della data di discussione (ex art. 30 D.lgs 546/92), diversamente il Presidente della sezione, dichiarerà con “decreto, l’inammissibilità del ricorso”.
La inammissibilità è manifesta, nei seguenti casi:
- difetto di giurisdizione (art. 3 D.Lgs. 546/1992);
- mancanza o assoluta incertezza di uno o più elementi da indicare nel ricorso o della sua sottoscrizione (art. 18 D.Lgs. 546/1992);
- ricorso non notificato all’Ufficio o Ente impositore;
- proposizione del ricorso oltre il termine previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992;
- costituzione in giudizio del ricorrente oltre il termine previsto dall’art. 22 D.Lgs. 546/1992;
- non conformità della copia del ricorso depositato presso la segreteria della Commissione provinciale all’originale consegnato o spedito alla controparte (art. 22 D.Lgs. 546/1992);
- all’articolo 24, comma 2 (produzione di documenti e motivi aggiunti).
Per tale ultimo caso, si chiarisce che l’inammissibilità, disciplinata dall’articolo 24, è prevista per il deposito intempestivo dell’integrazione dei motivi.
Il Presidente, rilevato il tardivo deposito, potrà dichiarare la inammissibilità (rectius: irricevibilità) dell’integrazione dei motivi e non del ricorso in sé.
Il Presidente di sezione può dichiarare anche l’interruzione (ex art. 40 D.lgs. 546/1992), la sospensione (ex art. 39 D.lgs. 546/1992), l’estinzione (ex artt. da 44 a 48 D.lgs. 546/1992) del processo, prima ancora che il ricorso venga messo in discussione a norma dell’art. 30 del D.lgs 546/92.
L’ordinanza non è autonomamente impugnabile.
Relativamente ai reclami avverso i provvedimenti del Presidente, le parti non possono chiedere la discussione in pubblica udienza, in quanto è prevista esclusivamente la trattazione in Camera di consiglio.
Il decreto di sospensione, interruzione o estinzione del processo va comunicato, a cura della Segreteria, alle parti costituite, affinchè possano proporre reclamo alla Sezione cui il ricorso è stato assegnato, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla loro comunicazione da parte della segreteria.
Il reclamo va notificato alle altre parti costituite con la stessa procedura prevista per il ricorso, ex art. 20 D.Lgs. 546/1992, e successivamente va depositata presso la segreteria una copia del documento notificato nel termine perentorio di 15 giorni dall’ultima notificazione, a pena d’inammissibilità, rilevabile d’ufficio.
Nei successivi 15 giorni dalla notifica del reclamo le altre parti possono presentare memorie.
Scaduto il termine per la presentazione delle memorie, il plenum della Sezione adita decide, in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, pronunciando:
- sentenza, qualora opti per il non accoglimento del reclamo e per la conseguente conferma del decreto Presidenziale con cui è stata dichiarata l’inammissibilità ovvero l’estinzione del processo.
Con la sentenza, la commissione, dichiara l’inammissibilità del ricorso o l’estinzione del processo.
Contro la sentenza le parti possono proporre impugnazione in Commissione Tributaria Regionale oppure per motivi di legittimità in Cassazione;
- ordinanza, allorché:
- ritenga non fondato il decreto Presidenziale con cui è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso ovvero dichiarata l’estinzione del processo;
- ovvero comunque decida sulla legittimità del decreto con cui è stata dichiarata l’interruzione o la sospensione del processo.
Ne deriva, come ha altresì chiarito la Corte di Cassazione, che: “una volta depositata l’istanza di trattazione, di cui all’art. 43, comma 2, del D.lgs. 546/92, nel termine ivi previsto, la specialità del rito tributario rispetto all’ordinario rito civile, detta una sequenza procedimentale ben precisa di carattere officioso, nella quale il Presidente, esaminata l’istanza, fissa l’udienza di trattazione e nomina il relatore e quindi la segreteria, a norma dell’art. 43, comma 3, del D.lgs. 546/92, provvede alla comunicazione di cui all’art. 31 del citato decreto. Detta ufficiosità, nonché la sequenza procedimentale appena descritta, portano a escludere l’operatività della norma di rinvio di cui all’art. 1, comma 2 del D.lgs. n. 546/92, stante l’incompatibilità di tale subprocedimento, nell’ambito del processo tributario, rispetto alle regole che reggono l’interruzione del processo civile, vista anche la più accentuata natura dispositiva di quest’ultimo”.
Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico