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Avviso di accertamento tributario, illegittimità

Nel caso di verifica di accertamento fatto dalla Guardia di Finanza, gli accertatori al fine di contestare “componenti positivi di redditi non dichiarati”, provvedono ad inviare ai nominativi, rinvenuti nei documenti acquisiti, debito questionario, con richiesta di precisarsi eventuali pagamenti corrisposti e se, in caso di affermazione positiva, se per questi siano state rilasciate relative fatturazioni.

E’, nel caso, importante verificare, ai fini dell’eventuale contestazione di “componenti positivi di redditi non dichiarati”, mossa nel pvc dalla Guardia di Finanza, se le diverse affermazioni positive, siano o non siano sufficienti a rendere legittima poi la contestazione, portata nell’avviso di accertamento, notificata dall’Agenzia delle Entrate.

Ciò in quanto, come ha in proposito chiarito la giurisprudenza di legittimità: “sono insufficienti le dichiarazioni di alcuni clienti per accertare ricavi in nero. sono solo i fatti positivi che possono formare oggetto di prova. I fatti negativi devono essere provati da chi quel diritto intende fare valere. Imporre al contribuente l’onere di dimostrare l’inesistenza di una prestazione o di un reddito non è giuridicamente configurabile. Gli uffici non possono “considerare” ricavi, compensi o redditi inesistenti. Un fatto inesistente non può essere dimostrato con un fatto contrario esistente, e nemmeno è detto che attraverso presunzioni si possa dimostrare ciò che non è. Per accertare ricavi in nero, sono insufficienti le sole dichiarazioni di tre clienti, su diciotto coinvolti. Le testimonianze su presunte somme erogate in nero devono essere supportate da altri elementi. Sbaglia perciò l’ufficio che basa l’accertamento su dichiarazioni rese da terzi, in un numero di tre, limitato rispetto ai soggetti complessivamente coinvolti (diciotto), senza operare alcun riferimento alle modalità, alle tempistiche ed al contesto spazio – temporale dei pagamenti”.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico