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Il Plagio nella musica

Quando una persona si appropria di elementi rappresentativi e creativi di un’opera per introdurli in un’altra opera sotto il proprio nome, ci si trova di fronte ad una contraffazione qualificata e aggravata, ossia ad una riproduzione abusiva di un’opera altrui con appropriazione di paternità (L. n. 633 del 1941).

Spesso, affinché si possa ipotizzare che un brano musicale costituisce un plagio, basta che esso susciti nell’ascoltatore il riconoscimento di un pezzo coperto da diritto d’autore ad esso antecedente.

A tal punto, il giudice nomina un CTU per redigere una perizia giurata, ed al quale viene proposto l’ascolto dei due brani (l’originale e l’eventuale plagio).

Se il giudice riconosce le ragioni dell’attore, l’autore del plagio rischia il ritiro del pezzo dal mercato, con sanzioni pecuniarie, oppure il riconoscimento all’autore originale di parte dei diritti (con relative royalties) su quel pezzo.

Per le composizioni musicali, non esiste una regola generale in base alla quale un numero minimo di note, o di battute, uguali tra due opere configura il plagio.

La Giurisprudenza ha, infatti, affermato che: “La parziale assonanza tra due composizioni musicali, casuale e limitata a poche battute, esclude che tra esse vi sia plagio, soprattutto quando esse si ispirano a diverse tradizioni musicali”.

Vi è stata molta confusione nella definizione del plagio, dovuta anche all’accostamento di tale fattispecie alla contraffazione.

Ma mentre il primo indica l’azione di chi si appropria di un’opera altrui, o di una sua parte e/o di una sua elaborazione, usurpandone la paternità (ovvero dichiarandosene autore), la contraffazione è lo sfruttamento economico dell’opera che avviene senza il consenso dell’autore (esempio la pirateria discografica: qualcuno pone in commercio copie abusive delle altrui composizioni).

Alla differenza tra i due termini corrispondono due aspetti diversi dell’opera dell’ingegno: bene personale da una parte, strettamente legata all’autore dal rapporto di genesi creativa e bene patrimoniale dall’altra, in quanto normalmente riproducibile e utilizzabile economicamente.

Dal punto di vista giuridico non esiste una definizione unitaria; la legge italiana, in particolare quella sul diritto d’autore, si limita a punire alcuni comportamenti riconducibili ai significati comuni dei due termini.

A tale proposito è stata creata una fattispecie giuridica, “il plagio – contraffazione”, che ricomprende sia lo sfruttamento economico abusivo dell’opera, che l’usurpazione di paternità.

Ma vi può anche essere plagio senza contraffazione, o contraffazione senza plagio.

Il plagio semplice si può realizzare in varie forme: per esempio attraverso la riproduzione totale e parziale dell’opera originaria, attraverso una sua elaborazione non creativa, oppure creativa ma abusiva e usurpatrice di paternità e camuffata attraverso un lavoro di ritaglio, di trasferimento, o di cambiamenti meramente formali; attraverso la trasformazione da una in altra forma, per esempio da forma letteraria ad artistica o viceversa.

Il plagio più semplice è quello che avviene mediante la riproduzione dell’opera o di una sua parte: sia dell’opera già pubblicata, per esempio diffondendola come propria, sia dell’opera inedita, mediante l’esercizio abusivo del diritto di prima pubblicazione.

Non vi è plagio, né contraffazione, se l’opera o parte di essa viene riprodotta per uso privato.

Non esistono regole precise per identificare il plagio di una composizione musicale, ma è necessario valutare caso per caso.

Infatti, formule quali per esempio “se otto battute di due brani sono identiche, si verifica un’ipotesi di plagio …” non sono valide, in quanto gli elementi che compongono una canzone sono molteplici.

Certamente la componente che maggiormente può far riconoscere in un brano musicale la creatività altrui è la linea melodica; ma la composizione musicale è formata anche dal ritmo, dal timbro e da accordi armonici, per cui anche questi intervengono al fine di far riconoscere il plagio.

Alcuni giudici hanno ritenuto che per identificare l’esistenza del plagio tra due composizioni fosse sufficiente l’ascolto comparativo tra i due brani, mentre altri hanno ritenuto che fosse necessario uno studio più approfondito, e che soprattutto l’oggetto dell’indagine fosse il legame di genesi creativa che sorge tra l’autore e la sua opera.

E’ stato affermato che quanto è minore l’originalità dell’opera, tanto più rigorosi devono essere i criteri di accertamento.

E’ stato riconosciuto che l’elemento creativo personale può esistere anche nella canzonetta: “anche un minimo di carattere creativo o novità può essere sufficiente per legittimare la tutela, in quanto il concetto di relatività di detto carattere esige che la valutazione dell’opera sia condotta con riguardo alla sua varia entità e al rapporto tra le singole sue parti e frazioni e l’insieme”.

Non è stata ritenuta la sussistenza del plagio nella riproduzione di un nucleo musicale ritmico armonico ben determinato di una canzone, utilizzandolo in un’altra come ritornello con diverso accompagnamento, così da suscitare una diversa impressione nell’ascoltatore, in base alla giustificazione dell’esistenza di “un patrimonio musicale che è nella coscienza della generalità”.

Il plagio non è stato riconosciuto neppure nel caso di semplice assonanza melodica ridotta a un inciso di due battute.

E’ stata invece ritenuto illecita la riproduzione della maggior parte delle battute del ritornello di un’altra composizione, e/o di parte della composizione e del ritornello, e/o infine del ritornello dotato di originalità.

Il problema dell’identificazione del plagio diviene più complesso quando si tratta di opera composta, come la canzone con parole.

Nel campo della musica leggera, il concetto di creatività si identifica, salvo rare eccezioni, in una gamma di combinazioni melodico-armoniche più limitata rispetto ad altri generi di espressione musicale, cosicché saranno più frequenti che altrove le possibilità di usare formule musicali correnti, o peggio, di cadere schiavi di fraseologie comuni, a un livello inferiore di espressione.

Nicola Recinello Coordinatore Nazionale Dipartimento Giuridico